INTRODUZIONE
Scrive Luisa Piccarreta: Una Novena del Santo Natale, circa l’età di diciassette anni, mi preparai alla festa del Santo Natale praticando diversi atti di virtù e mortificazione e specialmente onorando i nove mesi che Gesù stette nel seno materno, con nove ore di meditazione al giorno, appartenente sempre al mistero dell’Incarnazione.
Seconda Ora = secondo eccesso d’amore
Amore Annichilito
Quindi la mia mente si portava nel seno materno e rimanevo stupita nel considerare quel Dio sì grande nel cielo, ora così annichilito, impiccolito, ristretto, che non poteva muoversi e quasi neppure respirare. La voce interna mi diceva: “Vedi quanto ti ho amato? Deh, dammi un po’ di largo nel tuo cuore, togli tutto ciò che non è mio, che così mi darai più agio a potermi muovere ed a farmi respirare”.
Il mio cuore si struggeva; gli chiedevo perdono, promettevo d’essere tutta sua, mi sfogavo in pianto. Ma però, lo dico a mia confusione, che ritornavo ai miei soliti difetti. O Gesù, quanto siete stato buono con questa misera creatura!
Riflessioni e giri nella Divina Volontà
Dal Libro di Cielo Volume 8 – Dicembre 25, 1908
(Gesù:) “Figlia mia, il miglior modo per farmi nascere nel proprio cuore è vuotarsi di tutto, perché trovando il vuoto posso mettervi tutti i miei beni, ed allora posso rimanervi per sempre se c’è luogo per potervi trasportare tutto ciò che mi appartiene, tutto il mio, in essa. Una persona che andasse ad abitare in casa di un’altra persona, allora si potrebbe chiamare contenta, quando in quella casa trovasse vuoto per poter mettere tutte le cose sue, altrimenti si renderebbe infelice. Così sono Io.
La seconda cosa per farmi nascere e accrescere la mia felicità è che tutto ciò che l’anima contiene, sia interno che esterno, tutto dev’essere fatto per Me, tutto deve servire per onorarmi, per seguire i miei ordini. Se anche una sola cosa, un pensiero, una parola, non è per Me, Io Mi sento infelice, e dovendo far da padrone, Mi rendono schiavo; posso Io tollerare tutto questo?
La terza è amore eroico, amore ingrandito, amore di sacrifizio. Questi tre amori faranno crescere in modo meraviglioso la mia felicità, perché si esibisce l’anima ad opere superiori alle sue forze, facendole con la sola mia Forza; ingrandiranno la mia felicità col fare che non solo essa, ma anche gli altri Mi amino; e giungerà a sopportare qualunque cosa, anche la stessa morte, per poter trionfare in tutto e potermi dire: ‘Non ho più niente, tutto è solo l’amore per Te’.
Questo modo non solo Mi farà nascere, ma Mi farà crescere e Mi formerà un bel Paradiso nel proprio cuore”.
Volume 17 – Dicembre 24, 1924
[…] Scrive Luisa: Mi son sentita fuori di me stessa, dentro d’una luce purissima, ed in questa luce scorgevo la Regina Mamma ed il piccolo Bambino Gesù nel suo seno verginale. Oh, Dio, in che stato doloroso Si trovava il mio amabile Bambinello! La sua piccola Umanità era immobilizzata, stava coi piedini e manine immobili, senza il più piccolo moto; non c’era spazio né per poter aprire gli occhi, né per poter liberamente respirare; era tanta l’immobilità che sembrava morto, mentre era vivo. Pensavo tra me: “Chi sa quanto soffre il mio Gesù in questo stato, e la diletta Mamma nel vederlo nel suo proprio seno, così immobilizzato, l’infante Gesù!” Ora, mentre ciò pensavo, il mio piccolo Bambinello, singhiozzando, mi ha detto: “Figlia mia, le pene che soffrii in questo seno verginale della mia Mamma sono incalcolabili a mente umana. Ma sai tu quale fu la prima pena che soffrii nel primo atto del mio Concepimento e che Mi durò tutta la vita? La pena della morte. La mia Divinità scendeva dal Cielo pienamente felice, intangibile da qualunque pena e da qualsiasi morte.
Quando vidi la mia piccola Umanità, per amor delle creature soggetta alla morte ed alle pene, sentii così al vivo la pena della morte, che per pura pena sarei morto davvero se la potenza della mia Divinità non Mi avesse sorretto con un prodigio, facendomi sentire la pena della morte e la continuazione della vita. Sicché per Me fu sempre morte: sentivo la morte del peccato, la morte del bene nelle creature, ed anche la loro morte naturale. Che duro strazio fu per Me tutta la mia Vita! Io, che contenevo la Vita e ne ero il Padrone assoluto della stessa vita, dovevo assoggettarmi alla pena della morte! Non vedi tu la mia piccola Umanità immobile e morente nel seno della mia cara Madre? E non la senti tu, in te stessa, quanto è dura e straziante la pena di sentirsi morire e non morire? Figlia mia, è il tuo vivere nella mia Volontà che ti fa parte della mia continua morte della mia Umanità”.
Onde – continua Luisa – me la son passata quasi tutta la mattina vicino al mio Gesù nel seno della mia Mamma, e Lo vedevo che mentre stava in atto di morire, riprendeva vita per abbandonarsi di nuovo a morire. Che pena vedere in quello stato l’Infante Gesù…!