INTRODUZIONE

Scrive Luisa Piccarreta: Una Novena del Santo Natale, circa l’età di diciassette anni, mi preparai alla festa del Santo Natale praticando diversi atti di virtù e mortificazione e specialmente onorando i nove mesi che Gesù stette nel seno materno, con nove ore di meditazione al giorno, appartenente sempre al mistero dell’Incarnazione.

Sesta Ora = sesto eccesso d’amore

Amore Represso e Prigioniero

“Figlia mia, vieni, prega la mia cara Mamma che ti faccia un po’ di posticino nel suo seno materno, affinché tu stessa veda lo stato doloroso in cui mi trovo”.

Onde mi pareva, col pensiero, che la nostra Regina Mamma, per contentare Gesù, mi facesse un po’ di posto e mi mettesse dentro, ma era tale e tanta l’oscurità che non lo vedevo; solo sentivo il suo respiro, e Lui nel mio interno seguitava a dirmi: “Figlia mia, guarda un altro eccesso del mio Amore. Io sono la Luce eterna; il sole è un’ombra della mia Luce; ma vedi dove mi ha condotto il mio Amore? In che oscura prigione Io sono? Non c’è uno spiraglio di luce, è sempre notte per me, ma notte senza stelle, senza riposo; sono sempre desto, che pena! La strettezza della prigione, senza potermi menomamente muovere; le fitte tenebre; anche il respiro – respiro per mezzo del respiro della mia Mamma -, oh, come è stentato! E poi aggiungi le tenebre delle colpe delle creature; ogni colpa era una notte per me, ed unendosi insieme formavano un abisso di oscurità senza sponde. Che pena! O eccesso del mio Amore, farmi passare da un’immensità di luce, di larghezza, in una profondità di fitte tenebre e di tale strettezza, fino a mancarmi la libertà del respiro; e tutto ciò per amore delle creature!”

E mentre ciò diceva, gemeva, quasi con gemiti soffocati per mancanza di spazio, e piangeva.

Io mi struggevo in pianto, lo ringraziavo, lo compativo; volevo fargli un po’ di luce col mio amore, come Lui mi diceva…, ma chi può dire tutto? La stessa voce interna soggiungeva: “Basta per ora, e passa al settimo eccesso del mio Amore”.

Riflessioni e giri nella Divina Volontà

Dal Libro di Cielo Volume 27 – Dicembre 22, 1929

Luisa: Il mio abbandono nel Fiat Divino continua, ed il mio tenero Gesù si fa vedere piccolo Bambino o nel mio cuore o nel seno della Mamma Celeste, ma tanto piccino con una beltà rapitrice, tutto amore, col suo volto bagnato di pianto, e piange perché vuol essere amato, e singhiozzando dice: “Ahi!, Ahi! Perché non sono amato? Io voglio rinnovare nelle anime tutto l’amore che ebbi nell’incarnarmi, ma non trovo a chi darlo. Nell’incarnarmi trovai la mia Regina Mamma che Mi dava campo a sfogare il mio amore, ed a ricevere nel suo Cuore materno tutto l’amore che Mi respingevano le creature. Ah, era Lei la depositaria del mio amore respinto, la dolce compagnia delle mie pene, il suo amore ardente che Mi rasciugava le lacrime! Le opere più grandi non si possono fare da soli, ma ci vogliono due o tre almeno, come depositari ed alimento della stessa opera; senza alimento le opere non possono aver vita, c’è pericolo che muoiono sul nascere. […] 

Dopo di ciò ha fatto silenzio volendo essere cullato nelle mie braccia, e poi ha soggiunto: “Figlia mia, or tu devi sapere l’eccesso del mio amore dove Mi condusse, nello scendere dal Cielo in terra; Mi condusse dentro d’una prigione strettissima ed oscura, qual fu il seno della mia Mamma, ma non fu contento il mio amore, in questa prigione stessa Mi formò un’altra carcere, qual fu la mia Umanità che incarcerò la mia Divinità; la prima carcere Mi durò nove mesi, la seconda carcere della mia Umanità Mi durò per ben trentatré anni. Ma il mio amore non si arrestò, Mi formò, sul finire la carcere della mia Umanità, la carcere dell’Eucaristia, la più piccola delle carceri, una piccola Ostia in cui Mi carcerò Umanità e Divinità e dovevo contentarmi di stare come morto, senza far sentire né respiro, né moto, né palpito, e non per pochi anni, ma fino alla consumazione dei secoli. Quindi andai di carcere in carcere: esse carceri sono per Me inseparabili, perciò posso chiamarmi il divino Carcerato, il celeste Prigioniero. Nelle due prime carceri, nell’intensità del mio amore maturai il Regno della Redenzione; nella terza carcere, dell’Eucaristia, sto maturando il Regno del mio Fiat Divino. Ecco perciò chiamai te [Luisa] nella carcere del tuo letto, affinché insieme, prigionieri ambedue, nella nostra solitudine, affiatandoci, possiamo far maturare il bene del Regno del mio Volere”.