INTRODUZIONE

Scrive Luisa Piccarreta: Una Novena del Santo Natale, circa l’età di diciassette anni, mi preparai alla festa del Santo Natale praticando diversi atti di virtù e mortificazione e specialmente onorando i nove mesi che Gesù stette nel seno materno, con nove ore di meditazione al giorno, appartenente sempre al mistero dell’Incarnazione.

Settima Ora = settimo eccesso d’amore

Amore Supplicante

La voce interna proseguiva: “Figlia mia, non mi lasciare solo in tanta solitudine ed in tanta oscurità; non uscire dal seno della mia Mamma, per guardare il settimo eccesso del mio Amore. Ascoltami: nel seno del mio Celeste Padre Io ero pienamente felice; non c’era bene che non possedevo: gioia, felicità, tutto era a mia disposizione; gli Angeli, riverenti, mi adoravano e stavano ai miei cenni. Ah, l’eccesso del mio Amore, potrei dire, mi fece cambiar fortuna, mi restrinse in questa tetra prigione, mi spogliò di tutte le mie gioie, felicità e beni, per vestirmi di tutte le infelicità delle creature; e tutto ciò per fare il cambio, per dare la mia fortuna, le mie gioie e la mia felicità eterna a loro.

Ma ciò sarebbe stato nulla se non avessi trovato in loro una somma ingratitudine ed ostinata perfidia. Oh, come restò sorpreso il mio eterno Amore innanzi a tanta ingratitudine e pianse l’ostinatezza e la perfidia dell’uomo! L’ingratitudine fu la spina più pungente che mi trafisse il Cuore, dal mio concepimento fino all’ultimo istante del mio morire. Guarda, il mio Cuoricino è ferito e sgorga sangue; che pena, che spasimo che sento! Figlia mia, non essermi ingrata; l’ingratitudine è la pena più dura per il tuo Gesù, è il chiudermi in faccia le porte per farmi restare fuori ad intirizzire di freddo.

Ma a tanta ingratitudine il mio Amore non si arrestò e si atteggiò ad Amore supplicante, pregante, gemente e mendicante; e questo è l’ottavo eccesso del mio Amore”.

Riflessioni e giri nella Divina Volontà

Dal Libro di Cielo Volume 35 – Dicembre 25, 1937

Stavo seguendo gli atti della Divina Volontà – scrive Luisa – e la mia povera mente si è soffermata nell’atto della discesa del Verbo Divino sulla terra. Mio Dio, quante meraviglie, quante sorprese d’amore, di potenza, di Sapienza divina! Sono tali e tante, che non si sa dove cominciare a dire. Ed il mio amato Gesù, come innondato nel suo mare d’amore che sta innalzando le sue onde, sorprendendomi mi ha detto: “Figlia mia benedetta, nella mia discesa sulla terra furono tali e tante le meraviglie, la nostra foga d’amore, che né agli Angeli né alle creature è dato loro di comprendere ciò che operò la nostra Divinità nel mistero della mia Incarnazione.

Ora, tu devi sapere che il nostro Ente Supremo possiede in natura il suo moto incessante. Se questo moto potesse cessare anche un istante, ciò che non può essere, tutte le cose resterebbero paralizzate e senza vita, perché tutte le cose, la vita, la conservazione e tutto ciò che esiste in Cielo e in terra, tutto da quel moto dipende. Quindi nello scendere dal Cielo in terra Io, Verbo e Figlio del Padre, partii dal nostro moto primo, cioè restai e partii. Il Padre e lo Spirito Santo scesero con Me, furono concorrenti – né Io feci nessun atto che non lo facessi insieme con loro – e restarono sul Trono pieni di Maestà nelle Regioni Celesti.

Onde nel partire, la mia Immensità, il mio Amore, la mia Potenza scendeva insieme con Me; ed il mio amore, che dà dell’incredibile e non si contenta se non forma della mia vita tante vite per quante creature esistono, non solo [ciò fece], ma dovunque e da per tutto formava la mia vita, la moltiplicava, e tenendo la mia immensità in suo potere la riempiva di tante mie vite, affinché ognuno avesse una vita mia tutta propria e la Divinità avesse la gloria, l’onore di tante nostre vite divine per quante cose e creature uscimmo alla luce del giorno.

Ah! Il nostro Amore Ci pagava dell’opera della Creazione, e col formare tante vite nostre non solo Ci ricambiava, ma Ci dava di più di quello che avevamo fatto. La nostra Divinità restò rapita ed ebbe un incanto sì dolce nel vedere i ritrovati, gli stratagemmi del nostro Amore, nel vedere tante nostre vite sparse, servendosi della nostra immensità come circonferenza dove metterle. Sicché mentre si vedeva la mia vita come centro, si vedevano la mia immensità e potenza come circonferenza in cui venivano depositate queste vite innumerevoli, che trovando tutto e tutti si davano per amarci e farsi amare”.

Io sono restata sorpresa nel sentir ciò – scrive Luisa -, ed il mio dolce Gesù, non dandomi tempo, subito ha soggiunto: “Figlia mia, non ti meravigliare; Noi quando operiamo facciamo opere complete, in modo che nessuno deve poter dire: ‘Questo non l’ha fatto per me, la sua vita non è tutta mia’.

Ahi! L’amore non sorge quando le cose non sono proprie e non si tengono in proprio potere. E poi non fa anche questo il sole, opera da Noi creata, che mentre si fa luce degli occhi fino a riempirli tutti di luce, nel medesimo tempo è luce piena, intera, alla mano che opera, al passo che cammina, in modo che tutti possono dire, cose create e creature: ‘Il sole è mio’? E mentre il centro del sole sta nell’alto dell’atmosfera, la sua luce parte e resta, e colla sua circonferenza di luce investe la terra e si fa vita e luce di ciascuno, fin del fiorellino e del piccolo filo d’erba. Il sole non è vita: luce tiene e luce dà, e tutti i beni che contiene la sua luce.

La nostra Divinità è vita, ed autore e vita di tutto; quindi nello scendere dal Cielo in terra dovevo fare atti completi, e più che Sole fare sfoggio della mia vita e moltiplicarla in tante vite, affinché Cielo e terra e tutti potessero possedere la mia vita. Non sarebbe stata opera della nostra Sapienza e del nostro infinito Amore, se ciò non fosse”. […]

Onde continuavo a pensare alla nascita del piccolo Re Gesù, e Gli dicevo: “Carino Bambinello, dimmi: che cosa facesti quando vedesti la tanta ingratitudine umana al tanto tuo amore?”

E Gesù: “Figlia mia, se avessi tenuto conto dell’ingratitudine umana al tanto mio amore, avrei preso la via per andarmene al Cielo, quindi avrei contristato ed amareggiato il mio amore e cambiata la festa in lutto. Onde vuoi sapere che faccio nelle mie opere più grandi per farle più belle? Con pompa e collo sfoggio più grande del mio amore metto tutto da parte, l’ingratitudine umana, i peccati, le miserie, le debolezze, e do il corso alle mie opere più grandi, come se queste cose non ci fossero. Se Io volessi badare ai mali dell’uomo, non avrei potuto fare opere grandi né mettere in campo tutto il mio amore: resterei inceppato, soffocato nel mio amore. Invece per essere libero nelle mie opere e per farle quanto più belle posso farle, metto tutto da parte e, se occorre, copro tutto col mio amore, in modo che non vedo che amore e Volontà mia; e così vado avanti nelle mie opere più grandi e le faccio come se nessuno Mi avesse offeso, perché per gloria nostra nulla deve mancare al decoro, al bello ed alla grandezza delle nostre opere.

Perciò vorrei che anche tu non ti occupassi delle tue debolezze e delle miserie e dei tuoi mali, perché quanto più si pensano, tanto più debole si sente, tanto più i mali affogano la povera creatura e le miserie si stringono più forte intorno ad essa; col pensarle, la debolezza alimenta la debolezza, e la povera creatura va cadendo di più, i mali prendono più forza, le miserie la fanno morire di fame; invece con non pensarli, da per se stessi svaniscono. Invece tutto al contrario riferendosi al bene: un bene alimenta l’altro bene, un atto d’amore chiama l’altro amore, un abbandono nel mio Volere fa sentire in sé la nuova vita divina; sicché il pensiero del bene forma l’alimento, la forza, per fare l’altro bene. Perciò il tuo pensiero voglio che non si occupa altro che per amarmi e di vivere di Volontà mia. Il mio amore brucerà le tue miserie e tutti i tuoi mali, ed il mio Voler Divino si costituirà vita tua e delle tue miserie se ne servirà per formarsi lo sgabello dove erigere il suo trono”.

Onde seguivo a pensare del piccolo Gesù nato, ed oh, come mi straziava il cuore nel vederlo piangere, singhiozzare, vagire, tremare di freddo! Avrei voluto mettere un mio Ti amo per ogni pena e lacrima del Piccino Divino, per riscaldarlo e quietargli il pianto. E Gesù ha soggiunto: “Figlia mia, chi vive nel mio Volere Me la sento nelle mie lacrime, nei miei vagiti; Me la sento scorrere nel mio singhiozzo di pianto, nei tremiti delle mie membra infantili, ed in virtù del mio Volere che possiede, Mi cambia le lacrime in sorrisi, i singhiozzi in gioie di Cielo; colle sue nenie d’amore Mi riscalda e Mi cambia le pene in baci ed abbracci. Anzi tu devi sapere che chi vive nel mio Volere riceve continui innesti di tutto ciò che fa la mia Umanità: se penso, innesto i suoi pensieri; se parlo e prego, innesto la sua parola; se opero, innesto le sue mani. Non vi è cosa che facc’Io, che non formo innesto per innestare la creatura e farne di essa la ripetizione della mia vita, molto più che stando la mia Divina Volontà in essa, trovavo la mia potenza, la mia santità, la mia stessa vita, per farmi fare ciò che Io volevo di essa.

Quanti prodigi non posso fare dove trovo la mia Volontà nella creatura! Io venni sulla terra per coprire tutto col mio amore, per affogare gli stessi mali e bruciare tutto col mio amore. Per giustizia volevo rifare il Padre mio, perché era giusto che venisse reintegrato nell’onore, nella gloria, nell’amore e gratitudine che tutti gli dovevano. Quindi il mio amore non si dava pace: riempie i vuoti della sua gloria, del suo onore, e giunge a tanto che a via d’amore paga la Divinità, che aveva creato un cielo, un sole, un vento, un mare, una terra fiorita e tutto il resto, per i quali l’uomo non aveva detto neppure un grazie dei tanti beni ricevuti, era stato il vero ladro, l’ingrato, l’usurpatore dei beni nostri. Il mio amore correva, correva, per riempire gli abissi di distanza tra il Creatore e la creatura; pagava a vie d’amore il mio Padre Celeste, ed a vie d’amore ricomprava tutte le umane generazioni, per ridonar loro di nuovo la vita della mia Divina Volontà; già aveva formato tante vite di Essa per formarne il riscatto. E quando paga il mio amore, è tanto il suo valore che può pagare per tutti e riacquistare ciò che vuole. Perciò sei già comprata dal mio amore, quindi lascia che ti goda e ti possieda”.