San Luigi Maria Grignion da Montfort
Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo
Vieni, o Spirito creatore,
visita le nostre menti,
riempi della tua grazia
i cuori che hai creato.
O dolce consolatore,
dono del Padre altissimo,
acqua viva, fuoco, amore,
santo crisma dell’anima.
Dito della mano di Dio,
promesso dal Salvatore,
irradia i tuoi sette doni,
suscita in noi la parola.
Sii luce all’intelletto,
fiamma ardente nel cuore;
sana le nostre ferite
col balsamo del tuo amore.
Difendici dal nemico,
reca in dono la pace,
la tua guida invincibile
ci preservi dal male.
Luce d’eterna sapienza,
svelaci il grande mistero
di Dio Padre e del Figlio
uniti in un solo Amore. Amen
“Mamma mia, ti amo, e tu amami e da un sorso di Volontà di Dio all’anima mia; dammi la tua benedizione, affinché possa fare tutte le mie azioni sotto il tuo sguardo materno”.
4. CELEBRAZIONE del mistero dell’Incarnazione
[243] QUARTA PRATICA. Avranno un culto singolare per il grande mistero dell’Incarnazione del Verbo, che si celebra il 25 marzo. È questo il mistero proprio della devozione di cui ho parlato. Infatti, questa devozione fu ispirata dallo Spirito Santo:
1) per onorare e imitare l’ineffabile dipendenza che Dio-Figlio volle avere da Maria per la gloria di Dio suo Padre e per la nostra salvezza. Tale dipendenza appare in modo speciale in questo mistero, nel quale Gesù Cristo si fa prigioniero e schiavo nel seno della divina Maria e dipende da lei in ogni cosa.
2) Per ringraziare Dio delle grazie impareggiabili concesse a Maria e soprattutto di averla scelta come sua degnissima Madre: scelta che avvenne in questo mistero. Sono questi i due fini principali della schiavitù di Gesù Cristo in Maria.
[244] Ti prego di notare bene una cosa. Io dico abitualmente: schiavo di Gesù in Maria; schiavitù di Gesù in Maria. Come parecchi altri han fatto sin qui, si può dire benissimo: schiavo di Maria, schiavitù della santa Vergine. Penso però sia meglio dire: schiavo di Gesù in Maria. Così consigliava il Tronson, Superiore generale del seminario di san Sulpizio, rinomato per la sua rara prudenza e sperimentata pietà ad un ecclesiastico che l’aveva consultato in proposito25.
[245] Le ragioni sono queste:
1) Viviamo in un secolo orgoglioso, nel quale un gran numero di dotti gonfi di sé, di spiriti forti e critici, trovano a ridire sulle pratiche di pietà meglio stabilite e più solide. Ebbene, per non offrire inutili occasioni alle loro critiche, è meglio dire: schiavitù di Gesù in Maria, e dirsi: schiavo di Gesù Cristo, anziché schiavo di Maria. In tal modo questa devozione prende nome più dal suo ultimo fine: Gesù Cristo, che dalla via e dal mezzo che conduce a tale fine: Maria. Rimane però vero che si può benissimo scegliere senza scrupoli l’una o l’altra espressione, come faccio io.
Dò un esempio. Se uno va da Orléans a Tours per la strada d’Amboise, può dire benissimo che va ad Amboise e a Tours, e che sta viaggiando per Amboise e per Tours. Ma c’è una differenza: Amboise è semplicemente la strada diretta che conduce a Tours e Tours è lo scopo ultimo e la meta del viaggio.
[246] 2) Il mistero principale che si celebra e si onora con questa devozione è quello dell’Incarnazione, in cui si può vedere Gesù soltanto in Maria, incarnato nel suo seno. È meglio dire, perciò: schiavitù di Gesù in Maria, secondo una bella preghiera di molte persone insigni: “O Gesù, vivente in Maria, vieni a vivere in noi, nel tuo spirito di santità…”26.
[247] 3) L’espressione “schiavitù di Gesù in Maria” indica meglio l’unione intima che passa tra Gesù e Maria. Essi sono uniti così strettamente, che l’uno è tutto nell’altro: Gesù è tutto in Maria e Maria tutta in Gesù. Meglio: non si trova più Maria, ma solo Gesù in lei. E sarebbe più facile separare la luce dal sole che Maria da Gesù. Così potremmo chiamare Nostro Signore: Gesù di Maria e la Vergine santa: Maria di Gesù.
[248] Mi manca il tempo di soffermarmi a spiegare l’eccellenza e le grandezze del mistero di Gesù che vive e regna in Maria, e cioè della Incarnazione del Verbo. Mi limiterò quindi a brevi cenni.
L’Incarnazione è il primo mistero di Gesù Cristo: il più nascosto, il più alto ed il meno conosciuto. In questo mistero Gesù scelse tutti gli eletti d’accordo con Maria, nel seno verginale di lei, che i santi han chiamato sala dei segreti di Dio27.
In questo mistero Gesù operò tutti gli altri misteri della sua vita, poiché sin da allora accettò di compierli: “Entrando nel mondo, Cristo dice: Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà…”28. Un mistero, dunque, che è compendio di tutti i misteri e ne contiene la volontà e la grazia.
Questo mistero, infine, è il trono della misericordia, della liberalità e della gloria di Dio. È il trono della sua misericordia a nostro riguardo. In questo mistero, infatti, non ci si può avvicinare a Gesù se non per mezzo di Maria; non lo si può vedere né gli si può parlare se non tramite la Vergine sua Madre. E Gesù, che esaudisce sempre la sua cara Madre, da tale trono concede la sua grazia e la sua misericordia ai poveri peccatori: “Accostiamoci dunque con fiducia al trono della grazia”29. È il trono della sua liberalità verso Maria. Infatti, il nuovo Adamo, mentre dimorava in questo vero paradiso terrestre, vi operò in segreto tante meraviglie, che né gli angeli né gli uomini le comprendono. Per questo i santi chiamano Maria la magnificenza di Dio30, come se Dio fosse magnifico soltanto in lei31.
È il trono della gloria resa da Gesù al Padre. In Maria, infatti, Gesù Cristo placò perfettamente il Padre irritato contro gli uomini, lo risarcì perfettamente della gloria rapitagli dal peccato; con il sacrificio che vi fece della sua volontà e di se stesso, gli procurò più gloria che mai gli avevano data tutti i sacrifici dell’antica Legge; e, infine gli rese quella gloria infinita che il Padre mai ancora aveva ricevuta dall’uomo.
5. RECITA dell’Ave Maria e del ROSARIO.
[249] QUINTA PRATICA. Ameranno e reciteranno l’Ave Maria, cioè il saluto, di cui pochi cristiani, anche istruiti, conoscono il valore, il merito, l’eccellenza e la necessità. Per farne conoscere l’importanza, c’è voluto che la Vergine santa apparisse più volte a grandi santi molto illuminati, come san Domenico, san Giovanni da Capestrano, il beato Alano della Rupe. Essi composero libri interi sulle meraviglie di questa preghiera e sulla sua efficacia per convertire le anime. Proclamarono a gran voce e predicarono apertamente quanto segue: la salvezza del mondo è iniziata con l’Ave Maria, così anche la salvezza di ciascuno dipende da tale preghiera; questa preghiera fece produrre il frutto di vita alla terra arida e sterile, così, se recitata bene,
essa farà germogliare anche in noi la Parola di Dio e il frutto di vita, Gesù Cristo. l’Ave Maria è una rugiada celeste che irrora la terra, cioè l’anima, perché dia frutto a suo tempo; chi non è irrorato dalla rugiada celeste di questa preghiera non porta frutti, ma solo triboli e spine e va incontro alla maledizione.
[250] Ecco quanto la santa Vergine rivelò al beato Alano della Rupe, come è scritto nel suo libro De dignitate Rosarii e come è riferito poi da Cartagena: “Sappi, figlio mio, e portalo a conoscenza di tutti, che è indizio probabile e vicino di dannazione eterna il recitare con avversione, tiepidezza e negligenza il Saluto angelico, che ha riparato il mondo intero”32. Sono parole, queste, molto consolanti e terribili ad un tempo. Si stenterebbe a crederle se non ce lo garantissero per vere quel sant’uomo, san Domenico prima di lui e poi tante insigni personalità insieme all’esperienza di parecchi secoli.
Si è sempre notato, infatti, che quanti portano il marchio della riprovazione, come tutti gli eretici, gli empi, gli orgogliosi e i mondani, odiano o disprezzano l’Ave Maria e la corona. Gli eretici imparano ancora e recitano il Padre nostro, ma non l’Ave Maria né la corona. Li considerano con orrore. Porterebbero addosso più volentieri un serpente che una corona. Anche gli orgogliosi, benché cattolici, avendo quasi le stesse inclinazioni del loro padre Lucifero, disprezzano l’Ave Maria o nutrono per essa soltanto indifferenza, e considerano la corona come devozione di donnicciole, buona unicamente per gli ignoranti e per coloro che non sanno leggere.
L’esperienza, invece, insegna l’abbiamo visto che quelli e quelle che presentano grandi segni di predestinazione amano, gustano e recitano con piacere l’Ave Maria, e più sono uniti a Dio, più amano questa preghiera. È ciò che la Vergine santa diceva ancora al beato Alano, dopo le parole sopra riferite.
[251] Non so come e perché questo avvenga, ma so che è vero. Non ho segreto migliore di questo per sapere se una persona è di Dio: osservo se ama recitare l’Ave Maria e la corona. Dico se ama recitare, perché può accadere che una persona si trovi nell’incapacità naturale o anche soprannaturale di recitarla, pur continuando ad amarla e farla amare dagli altri.
[252] Anime predestinate, schiave di Gesù in Maria, sappiate che dopo il Padre nostro, l’Ave Maria è la preghiera più bella di tutte. E il complimento più perfetto che possiate rivolgere a Maria, complimento che l’Altissimo le fece rivolgere da un arcangelo per guadagnarsene il cuore. E riuscì così efficace sul suo cuore, per le segrete attrattive di cui è pieno, che Maria diede il consenso all’Incarnazione del Verbo, nonostante la sua profonda umiltà. Anche voi conquisterete sicuramente il suo cuore con questo stesso complimento recitato bene.
[253] Secondo i santi, l’Ave Maria recitata bene, cioè con attenzione, devozione e modestia, è la nemica del demonio che mette in fuga, il martello che lo schiaccia, la santificazione dell’anima, la gioia degli angeli, la melodia dei predestinati, il cantico del Nuovo Testamento, il piacere di Maria e la gloria della SS. Trinità.
L’Ave Maria è una rugiada celeste che rende feconda l’anima, un bacio casto e affettuoso che si dà a Maria, una rosa vermiglia che le si offre, una perla preziosa che le si dona, una coppa d’ambrosia e di nettare divino che le si porge. Tutti questi paragoni sono dei santi.
[254] Vi prego dunque vivamente, per l’amore che vi porto in Gesù e in Maria, di non contentarvi di dire la Coroncina della santissima Vergine. Recitate anche la corona, e se ne avete il tempo, recitate il rosario intero tutti i giorni. Al momento della morte benedirete il giorno e l’ora in cui mi avrete creduto. E, dopo aver seminato nelle benedizioni di Gesù e di Maria, raccoglierete benedizioni eterne nel cielo: “Chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà”33.
6. RECITA del MAGNIFICAT.
[255] SESTA PRATICA. Per ringraziare Dio delle grazie concesse alla Vergine santissima reciteranno spesso il Magnificat, sull’esempio della beata Maria Doignies e di parecchi santi. Il Magnificat è l’unica preghiera e l’unica opera composta dalla Vergine santa, o meglio, composta in lei da Gesù, dato che parlava per bocca di lei. È il più grande sacrificio di lode che Dio abbia ricevuto nella Legge della grazia. E il cantico più umile e più riconoscente e insieme più sublime e più elevato di tutti. I misteri che racchiude sono così grandi e nascosti, che gli angeli stessi non li conoscono tutti.
Gersone34 uno dei sapienti e devoti teologi dopo aver consacrato tanta parte della vita a comporre trattati pieni di erudizione e di pietà sulle materie più difficili, incominciò con timore la spiegazione del Magnificat solo sul finire della vita, per coronare così le proprie opere. Ci riferisce in un volume in folio da lui composto, molte cose meravigliose sul bello e divino cantico. Fra l’altro afferma che la Vergine santissima lo recitava spesso lei stessa, soprattutto come ringraziamento dopo la santa comunione.
Il dotto Benzonio35, nella sua spiegazione del Magnificat, riferisce parecchi miracoli ottenuti in forza di questo cantico. E osserva che i demoni tremano e fuggono quando sentono queste parole: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore”36.
7. DISTACCO dal mondo
[256] SETTIMA PRATICA. I servi fedeli di Maria devono molto disprezzare, odiare e fuggire il mondo corrotto. Si servano delle pratiche di distacco dal mondo, da noi indicate nella prima parte37.
NOTE:
25 LUIGI TRONSON (1622-1700), dal 1676 terzo superiore di San Sulpizio, consultato dal Montfort stesso mentre era seminarista .
26 “O Gesù, vivente in Maria, vieni a vivere nell’anima dei tuoi servi, nel tuo spirito di santità, nella pienezza dei tuoi doni, nella perfezione delle tue vie, nella verità delle tue virtù, nella comunione dei tuoi misteri. Domina in noi su tutte le potenze nemiche: il mondo, il demonio e la carne, nella virtù del tuo Spirito, alla gloria del Padre. Amen”.
27 S. AMBROGIO, De institut. Virgin. et S. Mariae Virg. perpetua, ad Eusebium, c. 7, n. 50, PL 16, 333: aula sacramentorum.
28 Eb 10, 5-9.
29 Eb 4,16.
30 Cf VD 6: Magnificentia Dei.
31 “Solummodo ibi magnificus Dominus”.
32 SMR 49; QN 157.
33 2 Cor 9,6.
34 Jean Le Charlier de GERSON (1363-1429), cancelliere dell’Università di Parigi.
35 BENZONI RUTILIO (+ 1613), vescovo di Loreto. – Cf A. RUM, La Santa Casa al tempo di Rutilio Benzoni, Vescovo di Loreto e Recanati, in Il messaggero della Santa Casa, n. 2, febbraio 1985, pp. 47-48.
36 Lc 1,51.
37 Purtroppo la prima parte del manoscritto non ci è pervenuta